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Bebe

Bebe

[Bebe, la musa ispiratrice di Lady Baby Love, secondo romanzo della mia Trilogia Siamese. Il brano è tratto da Miss Thaimatic, terzo romanzo della stessa trilogia.]

 

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Quando, qualche ora dopo, Bebe se ne fu andata, ponderai che l’essere scrittore di regola rende ingiustizia a chi frequenta i nostri dintorni artistici, a chi si avventura per i viali nevralgici della nostra sensibilità. Dei tre possibili finali aperti suggeriti in Lady Baby Love ce n’è soltanto uno, forse, che si possa dire consono alla Bebe che conosco, la Bebe in carne e ossa, per quanto la conosco. Di norma si scrive per vendetta. Si scrive per rimediare al non sentirsi amati, corrisposti come si vorrebbe. Una verità lapalissiana, un truismo che non meriterebbe ulteriori indagini se non facesse parte di un più vasto paradigma. Gusto estetico e raffinatezze artistiche potranno anche distinguere un nobile scrittore da un macellaio sanguinario, ma i meccanismi psicologici maschili alla base della ricerca del piacere che caratterizzano entrambi li porta a essere, a letto, ugualmente maiali, e a elaborare, attraverso processi mentali pressoché identici, i medesimi pensieri, di norma poco veritieri e piuttosto triviali. Essere convinta, per esempio, la generalità degli uomini che trovarsi nei panni di una ragazza molto giovane desiderata per le grazie del suo corpo e per il faccino delizioso sia la condizione più auspicabile del mondo.

Finalmente vedevo che la ricerca di un irraggiungibile ideale di bellezza da parte di Bebe – cominciata con il naso allungato chirurgicamente e portata avanti con i seni gonfiati con il silicone – non aveva niente a che fare con il volersi rendere appetibile agli occhi dei clienti più di quanto già non lo fosse al naturale, mentre aveva tutto a che vedere con se stessa, con la fissità con cui amava contemplare la sua immagine allo specchio. Dopotutto, le sue lagnanze sui polpacci che giudicava eccessivamente sviluppati, e che ai miei occhi apparivano se mai troppo sottili, la rendevano una perfezionista come milioni di altre, una martire tra le tante di una colossale truffa imbastita con specchi deformanti che ha fatto della bellezza non una qualità di cui godere collettivamente ma una cosa che bisogna possedere individualmente, possibilmente a discapito di tutte le altre. Ora era chiaro. Bebe voleva che l’ammirassi per la sua intelligenza, che le aveva consentito di imparare l’inglese senza studiarlo e di sopravvivere, diciottenne, lontana dalla famiglia per cinque anni filati in un ambiente sconosciuto e per molti versi ostile; voleva che amassi il suo cuore, che l’aveva spinta un’estate in cui aveva guadagnato una fortuna a donare parte dei suoi introiti agli orfani di Samui. Per godere della visione del suo corpo più o meno perfetto, Bebe bastava a se stessa. Al suo narcisismo bastava uno specchio.

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Miss Thaimatic

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