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Il pendolo di Schopenhauer

Il pendolo di Schopenhauer

Sia benedetta la buonafede di chi non sente sul collo il soffio del riscaldamento globale e maledetta sia la malafede chi avvertendolo lo nega scientemente! Calura furibonda, abnorme, mai vista prima in Thailandia a metà luglio, un alito da respirare acqua bollente e bruciare le cervici: impossibile connettere, persino pensare a cosa fare immantinente. Impossibile andare in spiaggia, buttarsi in piscina men che meno, a meno di trovarne una coperta – ambiente condizionato, asciugamani raffrescati, acqua mentolata.

A cose fatte, eccomi qui, appiattito sul lettino prendisole, tramonto pittografico con sole liquefacente dislocato, crepuscolo azzurrino, luna emergente, fronduto albero di tek, nuvola sottile, corposa, lunga chilometri, refolo garbatamente asciutto: quel genere di cose che portano certuni a respirare, altri a misticheggiare, a mistificare. A pensarla abitata, quella nuvola, da troni e dominazioni e cherubini e creature celesti le più svariate tutte stipate a far baldoria tra le pareti soffici, in gironzolo come l’aeroplano dei Led Zeppelin, incuranti delle nostre per noi grandiose idiosincrasie, e l’arcano bizantino del sesso degli angeli non è per niente arcano per le goduriose ammucchiate angeliche in trasvolo. La luna. La luna, mistificata misticheggiata decantata luna, così imbrogliata che nemmeno io saprei che altro si potrebbe dirle che già non le sia stato detto per sedurla, versi immortali levati al cielo per sedurre un sasso, metriche forgiate con cura maniacale per sedurre una donna che guarda il sasso.

Una triangolazione degna di nota si palesa tra la chioma dell’albero di tek, carica di frutti verdi che presto volgeranno al rosso in sembianza di pomodori aerei velenosi come mamba verdi, e due uccelli dalla coda biforcuta bianca e nera che zampettano sul colmo del tetto del Kamalinda. L’uccello che precede si porta sul culmine e quello che segue lo spinge giù con una beccata. Se è un corteggiamento, il maschio rivela un deficit. Se, invece, il suo obiettivo era impossessarsi della posizione dominante, l’avrà anche raggiunto, per quel che vale. La femmina cacciata via si è portata in volo sulla falda del tetto sottostante e zampetta lungo la linea di spiovente e rimbalza come sulle molle là dove un lembo della copertura è sollevato. Il maschio, ancora sul colmo, non si muove, si guarda in giro con occhietti puntuti, segno che, di lassù, come un anacoreta o un dio nevrotico, si sente di tenere le redini del mondo. La femmina spicca il volo e punta il mare a valle, il seduttore si lancia all’inseguimento sfiorando con il ventre i più alti arbusti sparsi sul pendio. Ragazzo mio, se continui di questo passo, dalla tua preda non otterrai uno iota nemmeno a pagarla in vermi vivi. Dove cercherai consolazione? Nella natura? Non sai che la natura non è madre né matrigna, non è né buona né cattiva? Tutto ciò che le mettiamo in bocca è opera nostra. Lei compie il suo lavoro, punto e basta. E se tu uccellaccio credi che il suo lavoro non sia a tratti sporco come il nostro, ti sbagli di grosso. Uragani e terremoti, esplosioni vulcaniche e impatti di asteroidi, supernove che dilaniano sistemi e buchi ingurgitanti drappelli di galassie dovrebbero convincerti che il sollazzo dell’autodistruzione non diverte soltanto noialtri che quando posiamo l’ascia di guerra discettiamo sulle cose e sulla natura delle cose, Lucrezio in testa (da che Epicuro è morto).

Solingo augellin venuto a sera, io non ho idea di quali siano le certezze tue, non riesco a immaginare dove tu abbia passato la giornata, se tu abbia o non abbia patito il caldo, se il caldo influenzi o meno i tuoi umori, se ti abbia reso così stupido da pensare che il corteggiamento è sinonimo di inseguimento. Io so che al pari di un marchingegno tecnologico funziono degnamente solo a temperature comprese entro il range previsto in fase di progetto. Se la temperatura è troppo bassa, il mio cervello si mummifica, se troppo alta si scompagina. Pensare, in quelle situazioni, si rivela un’attività remota, l’eccesso climatico sa come mandare in pappa tutto quanto, memoria, sistema cognitivo, identità. In queste condizioni, scrivere o disegnare non è nemmeno ipotizzabile, ascoltare musica diventa ridondante, fastidioso. Sicché, alla prostrazione dovuta all’afa, si aggiunge la frustrazione di aver perso, irrevocabilmente, i miei poteri e i miei piaceri. O creo o muoio, non sono congeniato per essere utente passivo della vita, io. Potrò impararlo un giorno? La felicità incommensurabile di ridurmi a tubo digerente, pompa idrovora dei beni e dei mali consumabili…

Un alato dongiovanni da far schifo e una nullità che vagola alla ricerca del grande nulla che la accolga: vuoto Tao, oscurità; idee platoniche di pascoli alpini, distese di ghiaccio, silenzio opponibile al piccolo mondo vociferante fuori e dentro di me.

Poi arriva sera, arriva il refolo e torna la memoria e torna l’immaginazione, l’estensione naturale della ragione che anche oggi mi aveva abbandonato nella fornace a cielo aperto del giorno che non finiva mai, e alle finestrature della mente si affacciano Irma e i suoi elettroni, Schopenhauer e il suo rozzo pendolo.

 

… Continua…

 

Lamai, 14 luglio 2019

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