Il destino, merce rara nell’era della plastica regina. Carattere, ghianda, caso, volere o capriccio di enti superiori, ventura o sventura, forse una combinazione di questi elementi e di altri a me ignoti, quale che sia l’essenza organica del destino individuale, pare che nessuno o quasi se ne interessi più, malgrado la vita, per essere degna, vada (o andrebbe) strenuamente consacrata al suo pagano compimento.
Una birretta, una canna, un selfie, una scrollatina di spalle, una chiavatina random, un paio di scarpette, un concerto del solito bavoso rocckettaro stagionato, un vaffanculo sussurrato, un compagno, una compagna, un figlio, due figli, un lavoretto, due lavori, auto nuova, mutuo casa, valore famiglia, corna e cornetti, preghierine, tutte cose parte della vita, niente da eccepire, contenti voi, niente da eccepire finché della vita sono parte e non il tutto. Per quanto mi riguarda, il mio genetico scontento mi ha imposto tempo addietro di trovarlo, il destino che ho cercato, e di fare la mia parte, tutta la mia parte, per portarlo a compimento fino alle sue estreme conseguenze. Questo fa di me un uomo volitivo e, più di ogni altra cosa mi sia capitata in sorte, un uomo fortunato. Perciò, sì, quando dico che sono riconoscente alla vita, non lo dico così tanto per dire o perché è di moda dirsi grati per che cosa bene bene non si sa. Come tutti al mondo, anch’io parlo a vanvera, sproloquio a cazzo, ma mai sul privilegio, in parte capitato in parte conquistato, di conoscere e perseguire il destino che mi ha scelto.
Giulio D.M. Ranzanici MMXIX
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